sabato 17 gennaio 2015

Settimana 2: Camminata al Claire de Lune


Sono le 6 di sera. Il sole e’ tramontato da poco e la luna sta per sorgere. La volta celeste mette in mostra se stessa in tutto il suo splendore. Solo in montagna con un cielo terso si possono ammirare stelle cosi’ definite e brillanti. Io sto conoscendo il gruppo con il quale affrontero’ questa prima avventura dell’anno. Per l’occasione ho rispolverato la vecchia tuta da sci color amaranto, cimelio delle settimane bianche dei miei 15 anni, che con mio grande stupore mi calza ancora alla perfezione. Sembro l’omino Michlein in rosa, o se preferite, un’astronauta di Interstellar dopo aver lavato la tuta aerospaziale con l’intimo rosso dell’ultimo dell’anno. Ma poco m’importa dello stile. Sono determinata a scoprire che cosa si prova a camminare per i boschi asiaghesi, illuminati solo (o quasi) della luna piena.

La luna che si rispecchia sulla neve crea un’atmosfera magica e surreale. Ho subito la sensazione di essere molto distante dal mio mondo caotico e ad ogni passo abbandono insicurezze, paure e nervosismi, lasciandomi trasportare in un mondo di pace e tranquillita’. Il percorso affianca due cimiteri militari (uno inglese e uno italo-austiaco) dove riposano i soldati caduti combattendo in queste montagne durante la Grande Guerra. Sembra quasi di sentire il loro respiro profondo attutito dalla neve. Ed e’ difficile non immaginarli camminare, spaventati e provati dal terrore della guerra, per quei sentieri che sto percorrendo io. E sui quali quasi inciampo. Il nuovo anno non mi ha ancora trasformato in una camminatrice provetta!
 La luce della luna e’ affascinante, ma non rischiara tutti i tratti del cammino. Non sono abituata a camminare in montagna, a non vedere dove metto i piedi. Un po’ di quell’incertezza che speravo di aver superato riaffiora. Faccio un bel respiro profondo e mi posiziono dietro due compagni “di cordata”. Se non si incappottano[1] loro, perche’ dovrei incappottarmi io? E continuo il percorso lasciandomi guidare, senza pensare troppo, fino al rifugio.

Qui ad aspettarmi trovo un’ ottima cena montanara, accompagnata da buon vino, acqua e torte fatte in casa. Una volta messe le gambe sotto la tavola ho finalmente potuto vedere bene i volti dei miei compagni di viaggio e, complici il vino ed il buon cibo, ascoltare le loro avventure e le loro storie di vita.

Prima di riprendere il percorso ho anche avuto l’occasione di assaggiare il “Parampampoli”, che una avventuriera aveva sapientemente preparato e portato con se. Per chi, come me, non avesse mai sentito parlare di Parampampoli: il Parampampoli e’ una bevanda originaria di un rifugio del Trentino, composta di caffe', grappa, vino, zucchero, miele e altri aromi e che andrebbe servita alla fiamma. Una rivelazione che ha dato energia per affrontare la seconda meta’ del percorso che ci ha riportato al punto di partenza.

Questa seconda parte di percorso e’ quasi tutta in discesa. Il che dovrebbe essere un vantaggio. Se non fosse che io sono forse l’unica persona al mondo che si sente piu’ a suo agio nell’affrontare una salita che una discesa. E infatti il mio morbido sedere si e’ adagiato sul letto di foglie di faggio che copriva il sentiero. Non potevo non concludere questa avventura senza nemmeno uno scivolone, vi pare?!  Con l’aiuto della piccola luce da esploratrice che mi sono fatta prestare, e con la stessa filosofia dell’andata (ovvero non pensare troppo) sono arrivata sana e salva alla fine del percorso.

Questa prima esperienza dell’anno e’ stata davvero magica. In una serata sola ho conosciuto molta gente nuova, camminato per la prima volta alla sola luce della luna piena, girovagato per la prima volta nei boschi di notte, dimostrato a me stessa che so tenere a bada le mie paure e assaggiato il Parampampoli. Sara’ difficile superarla. Ma ci sono ancora altre 50 settimane pronte a stupirmi.




[1] Incapottarsi: espressione dialettale veneta che significa cadere, ruzzolare.

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