Sono le 6 di sera. Il sole e’ tramontato da poco e la luna
sta per sorgere. La volta celeste mette in mostra se stessa in tutto il suo
splendore. Solo in montagna con un cielo terso si possono ammirare stelle cosi’
definite e brillanti. Io sto conoscendo il gruppo con il quale affrontero’
questa prima avventura dell’anno. Per l’occasione ho rispolverato la vecchia
tuta da sci color amaranto, cimelio delle settimane bianche dei miei 15 anni,
che con mio grande stupore mi calza ancora alla perfezione. Sembro l’omino Michlein
in rosa, o se preferite, un’astronauta di Interstellar dopo aver lavato la tuta
aerospaziale con l’intimo rosso dell’ultimo dell’anno. Ma poco m’importa dello
stile. Sono determinata a scoprire che cosa si prova a camminare per i boschi
asiaghesi, illuminati solo (o quasi) della luna piena.
La luna che si rispecchia sulla neve crea un’atmosfera
magica e surreale. Ho subito la sensazione di essere molto distante dal mio mondo
caotico e ad ogni passo abbandono insicurezze, paure e nervosismi, lasciandomi
trasportare in un mondo di pace e tranquillita’. Il percorso affianca due
cimiteri militari (uno inglese e uno italo-austiaco) dove riposano i soldati caduti
combattendo in queste montagne durante la Grande Guerra. Sembra quasi di
sentire il loro respiro profondo attutito dalla neve. Ed e’ difficile non immaginarli
camminare, spaventati e provati dal terrore della guerra, per quei sentieri che
sto percorrendo io. E sui quali quasi inciampo. Il nuovo anno non mi ha ancora
trasformato in una camminatrice provetta!
La luce della luna e’ affascinante,
ma non rischiara tutti i tratti del cammino. Non sono abituata a camminare in
montagna, a non vedere dove metto i piedi. Un po’ di quell’incertezza che
speravo di aver superato riaffiora. Faccio un bel respiro profondo e mi posiziono
dietro due compagni “di cordata”. Se non si incappottano[1]
loro, perche’ dovrei incappottarmi io? E continuo il percorso lasciandomi
guidare, senza pensare troppo, fino al rifugio.
Qui ad aspettarmi trovo un’ ottima cena montanara,
accompagnata da buon vino, acqua e torte fatte in casa. Una volta messe le
gambe sotto la tavola ho finalmente potuto vedere bene i volti dei miei
compagni di viaggio e, complici il vino ed il buon cibo, ascoltare le loro
avventure e le loro storie di vita.
Prima di riprendere il percorso ho anche avuto l’occasione
di assaggiare il “Parampampoli”, che una avventuriera aveva sapientemente
preparato e portato con se. Per chi, come me, non avesse mai sentito parlare di
Parampampoli: il Parampampoli e’ una bevanda originaria di un rifugio del Trentino, composta di caffe', grappa, vino, zucchero, miele e altri aromi e che andrebbe
servita alla fiamma. Una rivelazione che ha dato energia per affrontare la
seconda meta’ del percorso che ci ha riportato al punto di partenza.
Questa seconda parte di percorso e’ quasi tutta in discesa. Il che
dovrebbe essere un vantaggio. Se non fosse che io sono forse l’unica persona al
mondo che si sente piu’ a suo agio nell’affrontare una salita che una discesa. E
infatti il mio morbido sedere si e’ adagiato sul letto di foglie di faggio che
copriva il sentiero. Non potevo non concludere questa avventura senza nemmeno
uno scivolone, vi pare?! Con l’aiuto
della piccola luce da esploratrice che mi sono fatta prestare, e con la stessa
filosofia dell’andata (ovvero non pensare troppo) sono arrivata sana e salva
alla fine del percorso.
Questa prima esperienza dell’anno e’ stata davvero magica. In una serata
sola ho conosciuto molta gente nuova, camminato per la prima volta alla sola
luce della luna piena, girovagato per la prima volta nei boschi di notte, dimostrato
a me stessa che so tenere a bada le mie paure e assaggiato il Parampampoli.
Sara’ difficile superarla. Ma ci sono ancora altre 50 settimane pronte a
stupirmi.
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